C’è qualcosa di profondamente poetico quando il calcio si toglie la divisa della competizione e indossa quella più morbida, più umana, della condivisione. Ieri sera, tra le arcate eleganti e familiari del centro di San Godenzo, si è tenuta la classica cena del calcio mugellano organizzata da Radio Mugello — e per una volta, il tifo ha lasciato spazio alla tavola, i fischi si sono trasformati in brindisi, e gli avversari sono diventati commensali.
La location era di quelle che parlano sottovoce ma restano impresse: sotto i portici del paese, con le luci gialle che disegnavano ombre calde sulle tovaglie, il cuore del Mugello calcistico ha battuto all’unisono. Allenatori, dirigenti, calciatori, volontari e semplici appassionati si sono ritrovati per celebrare qualcosa che va oltre la vittoria del weekend: il senso di appartenenza, la fatica condivisa, le domeniche di fango e passione.
Il menù — semplice, azzeccato, come un 4-4-2 ben oliato — ha fatto il resto: piatti della tradizione, vino sincero, sapori che sanno di casa. Ma il vero condimento della serata è stato il dialogo. Si sono scambiati aneddoti di spogliatoio, si è parlato di promozioni sfumate all’ultimo minuto, di derby infuocati e di giovani promesse che “se solo ci avessero creduto di più…”.
Non c’erano trofei in palio, ma si respirava comunque una certa adrenalina, quella che nasce dall’incontro tra persone che vivono il calcio come una seconda pelle. Lo diceva Gianni Brera: “Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo.” E in certi momenti, come quello di ieri, diventa anche rito laico di unione e memoria.
A guardarli tutti insieme — quelli che si affrontano ogni domenica nei campi disseminati tra le colline mugellane — si percepiva chiaramente una verità silenziosa: il calcio dilettantistico non è solo sport, è una forma di resistenza culturale. Resistenza contro l’anonimato dei grandi numeri, contro la freddezza del professionismo, contro l’indifferenza di chi crede che conti solo la Serie A.
La serata si è chiusa senza vincitori né vinti, ma con calorosi saluti che sembrava dire: “Ci rivediamo sui campi, ma prima grazie per esserci, per resistere, per credere ancora che il calcio sia soprattutto questo.”
E oggi, al risveglio, i campi del Mugello avranno forse un’aria un po’ più leggera. Perché ieri sera si è ricordato, senza bisogno di retorica, che il calcio nasce prima di tutto da un abbraccio.
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