Nel cuore di un paese che si riconosce nei suoi colori e nella sua storia, prende vita una nuova squadra: l’ASD Antellese Calcio. Un progetto che va oltre lo sport, per restituire identità, appartenenza e futuro a una comunità intera.


Dove finisce il pallone, inizia la comunità

Ci sono momenti in cui il tempo sembra rallentare, quasi voler prendere fiato prima di aprire un nuovo capitolo. All’Antella, piccolo scrigno di Toscana adagiato tra le colline e i ricordi, questo momento è arrivato il 26 marzo 2025. Un mercoledì come tanti, eppure destinato a essere ricordato come l’alba di una nuova stagione dell’anima collettiva. Perché sì, il calcio qui non è mai stato solo sport: è rito, radice, riconoscimento.

Ed è per questo che la nascita dell’ASD Antellese Calcio non è semplicemente la fondazione di una nuova squadra, ma un atto di coraggio e memoria. Una mano tesa tra passato e futuro, tra chi ha calcato il fango del campo dietro al cancello verde di via Pulicciano e chi ancora deve allacciarsi le prime scarpette.

Come scriveva Gianni Brera, “Il calcio è un’epica dei nostri tempi” – e in questo caso, l’epica ha il profumo della terra bagnata, delle domeniche d’inverno, delle urla dei bambini nei pomeriggi d’estate.


Un nome, un colore, una promessa

Il nome scelto – ASD Antellese Calcio – è già una dichiarazione d’amore: quel suffisso “-ese” racconta di appartenenza, di gente che si sente parte di qualcosa che la rappresenta. Non è solo lessico calcistico, è lessico affettivo. Così come il nuovo stemma, che raccoglie la memoria araldica del paese con i colori bianco e rosso – omaggio alla famiglia dell’Antella e all’identità originaria – e lo “storico” numero 32, numero simbolico del borgo.

In questi dettagli grafici, quasi scolpiti con la stessa cura con cui si disegna un sogno, si cela una volontà: restituire al paese non solo una squadra, ma un’identità collettiva.


Quando il campo è vuoto, anche il cuore lo sente

La “Sportiva” di via Pulicciano, quel pezzo di terra sacro per generazioni di giovani e meno giovani, da tempo giaceva in silenzio. Le grida si erano fatte echi, le porte chiuse come finestre su un passato che sembrava voler sfumare. Solo qualche amatoriale il lunedì sera, come a tenere viva la brace sotto la cenere.

Ma l’anima antellese non dimentica, e ora è pronta a ripartire. Il Circolo Ricreativo Culturale, da sempre baluardo della socialità, ha detto “sì” al progetto, custodendone il senso e garantendone la continuità. Il contratto è decennale, ma la speranza è eterna.

“Non vendere, ma condividere”, ha scelto il presidente Alessandro Conti. Una scelta di campo, nel senso più profondo. Perché il calcio, se non è comunità, non è nulla.


Educare alla vita, partendo da un pallone

Il nuovo presidente Riccardo Arrighetti e tutto il gruppo promotore hanno le idee chiare: ricostruire non solo una squadra, ma un ecosistema. Una fucina di volontariato, un luogo dove l’educazione passa dal gesto tecnico al gesto umano. Il settore giovanile sarà il cuore pulsante, con la scuola calcio e progetti come i centri estivi, pensati per far crescere bambini non solo come calciatori, ma come cittadini.

Ecco allora che ogni cross potrà diventare un ponte, ogni passaggio un atto di fiducia, ogni gol un inno alla bellezza dello stare insieme.


Una nuova pagina da scrivere

C’è un alone romantico e combattivo in questa rinascita. Come se l’Antella, dopo anni di silenzi e attese, avesse deciso di rialzarsi con le mani sporche di terra e il cuore pieno di futuro. L’ASD Antellese Calcio parte dalla Terza Categoria, ma il vero traguardo non è una promozione: è l’identità ritrovata, la piazza che torna a riempirsi, le famiglie che si stringono attorno a una panchina, il boato che rimbalza tra le colline.

In attesa dell’organigramma completo e dell’apertura delle pagine social, una cosa è già certa: il calcio è tornato all’Antella, e con lui è tornata una promessa di comunità, appartenenza e bellezza.


Uno sguardo oltre il campo

In un calcio dilettantistico spesso piegato da individualismi e precarietà, l’Antella fa una scelta controcorrente: puntare sulla radice, sull’identità condivisa, su un’idea di sport che sia prima di tutto relazione.

Forse non vedremo subito risultati roboanti, ma a volte, per cambiare la storia, basta riaprire un cancello, disegnare delle righe bianche su un campo, e lasciare che il primo fischio d’inizio porti con sé non solo una partita, ma un’intera comunità.

Perché il calcio, quando è fatto con amore, è un gesto eterno. E l’Antella lo ha appena ricordato a tutti.

 

 

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