C’è qualcosa di profondamente umano nel tentativo di battere il tempo. È una corsa che non ha avversari fisici, ma solo il proprio limite da superare. È un grido silenzioso contro la finitezza, una sfida all’invisibile. Il Time Attack Italia, nella sua tredicesima stagione, riparte proprio da qui: dalla sete di riscatto, di gloria e precisione. E lo fa nel cuore pulsante dell’automobilismo italiano, il Mugello Circuit, dove tra il profumo d’asfalto e il respiro delle colline toscane si è levato il primo rombo del 2024.
Una sinfonia di motori e tensione
Sabato 5 e Domenica 6 Aprile, l’aria sopra Scarperia era elettrica. Ottanta auto pronte a divorare i 5245 metri del tracciato, ciascuna con una sola missione: fermare il cronometro prima degli altri. Ma non si trattava soltanto di tempo. Era un confronto tra filosofie di guida, tra uomini e donne che, casco in testa e cuore in gola, affrontano ogni curva come se fosse la propria redenzione.
Il cielo era grigio, e anche il sole sembrava trattenere il respiro. Ai box, le mani tremavano non per il freddo, ma per la tensione. I meccanici diventavano coreografi silenziosi, danzando attorno alle vetture con la meticolosità di chi sa che un bullone stretto male può valere una stagione. E poi il boato del pubblico, le telecamere puntate, la diretta su GO-TV e il live YouTube: il mondo guardava, ma dentro ogni abitacolo c’era solo silenzio, concentrazione, e l’ossessione per la traiettoria perfetta.
RACING SERIES: il peso della corona
Nel girone Racing, il protagonista aveva un nome già inciso nella storia: Serse Zeli. Lo svizzero, volto impassibile e mani chirurgiche sul volante della sua Mitsubishi Lancer Evo 10, incarnava l’archetipo del campione: freddo, metodico, invincibile. Ma ogni regno ha i suoi usurpatori, e il Mugello ha visto la ribellione nascere tra i cordoli: Olivia Merlini, con la stessa vettura e uno sguardo affilato come la sua staccata, e poi Anzelini e Bassanini, pronti a giocarsi l’impossibile pur di cambiare il destino.
Nella classe Pro XL, si è respirata l’aria della frontiera: quella tra talento grezzo e esperienza. Audi TT, Bmw M3, Clio Turbo, Golf… era come osservare una zuffa da saloon, dove ogni colpo era una staccata e ogni ferita un fuori pista.
GT SERIES: cavalli imbizzarriti e duelli di nobiltà
Se la Racing Series era guerra, la GT era poesia. Lamborghini Huracàn, Ferrari 488, Porsche Cayman: vetture nate per il sogno, oggi messe a nudo dalla realtà cronometrica. Roberto Cerioli aveva l’aura di un samurai, con la sua Lambo che sembrava tagliare l’aria più che sfidarla. Ma Ignazio Cannavò era lì, specchio e minaccia, pronto ad annullare il margine con un guizzo.
Nella GT3, Angelo Ambrosio cercava vendetta. Dopo un titolo perso per un soffio, il suo ritorno sulla Huracàn GT3 era quasi una dichiarazione d’intenti. Ma Hans Shori, esordiente su Nissan GTR GT3, portava il fascino inquieto dell’incognita, quella che può sconvolgere ogni gerarchia.
STREET SERIES: eroi della strada in cerca di un posto tra i grandi
Ma è nelle Street che il Time Attack racconta il suo lato più umano. Qui corrono i sognatori, quelli che trasformano una Golf o una Clio in strumenti di precisione. Alexander Stewart, campione uscente con la sua Dallara Stradale, non era solo un favorito: era il simbolo di una generazione che ha fatto della guida il suo linguaggio. Ma attorno a lui, volti nuovi e veterani pronti a mettere in discussione ogni certezza.
Ogni classe — dalla Pocket Rocket alla Superstreet — è un universo a parte, ma tutte condividono lo stesso cuore pulsante: la voglia di esserci, di lasciare un segno, anche solo per un giro.
Il tempo come unico giudice
“Nel Time Attack non batti gli altri. Batti te stesso.” Così scriveva il compianto giornalista sportivo Franco Lini, e mai frase fu più vera per questo campionato. Al Mugello non si corre solo per vincere, ma per appartenere a qualcosa. Ogni giro è un atto di fede, ogni decimo una confessione.
Il calendario è lungo e le tappe leggendarie: Monza, Red Bull Ring, Vallelunga, Imola, Misano. Ma ogni circuito racconta una storia diversa, e ogni curva potrà riscrivere la classifica.
Per ora, il primo capitolo è stato scritto a fuoco e gomma sul nastro d’asfalto toscano. Ma la vera sfida, quella eterna, è appena cominciata.
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