La notizia della scomparsa di Aldo Agroppi, avvenuta all’età di 80 anni, ha scosso il mondo del calcio italiano. Figura emblematica, Agroppi ha incarnato la passione e la resilienza tipiche di un’epoca in cui il calcio era specchio delle sfide della vita.
Nato a Piombino il 14 aprile 1944, Agroppi ha mosso i primi passi nel mondo del pallone nelle giovanili del Piombino, per poi approdare al Torino. La sua carriera è stata segnata da momenti di profonda intensità , come il debutto in Serie A il 15 ottobre 1967, giorno in cui la gioia dell’esordio si intrecciò tragicamente con la scomparsa del compagno Gigi Meroni. In quella partita contro la Sampdoria, il Torino vinse 4-2, ma la notte fu funestata dall’incidente che portò via Meroni, lasciando un segno indelebile nel cuore di Agroppi e di tutti gli appassionati.
Centrocampista di grinta e determinazione, Agroppi ha vestito la maglia granata in oltre 200 occasioni, contribuendo alla conquista di due Coppe Italia nelle stagioni 1967-1968 e 1970-1971. La sua presenza in campo era sinonimo di dedizione e spirito di sacrificio, qualità che lo resero un punto di riferimento per i tifosi e i compagni.
Dopo l’esperienza al Torino, proseguì la sua carriera al Perugia, dove continuò a distinguersi per professionalità e impegno. Conclusa l’attività da calciatore, Agroppi intraprese la carriera di allenatore, guidando squadre come Pescara, Pisa, Perugia, Padova, Fiorentina, Como e Ascoli. La sua visione del calcio, intrisa di passione e schiettezza, lo rese una figura rispettata e, talvolta, controversa nel panorama sportivo italiano.
La sua vita non fu priva di momenti difficili: nel novembre 2011, fu colpito da un infarto che superò con la stessa tenacia mostrata sul campo. Negli ultimi anni, aveva espresso un certo disincanto verso il calcio moderno, dichiarando di non riconoscersi più in uno sport che, a suo dire, aveva perso autenticità e passione.
La scomparsa di Aldo Agroppi lascia un vuoto nel cuore di chi ha vissuto il calcio come metafora della vita, fatta di lotta, resilienza e momenti di gloria effimera. La sua eredità rimarrà viva nei ricordi di chi ha avuto il privilegio di vederlo giocare, allenare e commentare con l’onestà e la passione che lo hanno sempre contraddistinto.
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