Incredibile! Incredibile! Incredibile!
A distanza di un mese dalla partenza per la NorthCape4000, ancora, non trovo le parole per descrivere questa esperienza, questa avventura, questa pedalata che sembrava impossibile, questo viaggio della vita.
Tutto è iniziato due anni fa quando Peppe Esposto mi raccontava della sua North Cape, un viaggio che, per me, ciclista normale, anzi dal passo abbastanza lento, era una impresa per superciclisti (e lui lo è). Dopo aver pensato che era matto e cercato (e trovato conferme della sua insanità mentale con amici ciclisti, un tarlo si è insinuato nella mia testa…e dopo qualche mese complicato in cui ho rivisto alcuni parametri della mia vita lavorativa…mi sono detto “e se ci provassi?”.
E, così, molto titubante, mi sono iscritto all’edizione 2023. Una serie di intoppi in famiglia e personali mi hanno un po’ fermato…sono partito lo stesso, ma con un traguardo ben ridotto: arrivo a Parigi (o meglio ci provo), magari a Amburgo e rientro. Avevo bisogno di staccare la spina del tutto e quindi parto senza nessun obiettivo…dove arrivo, arrivo. Risultato: 2.000 km, di cui 8 giorni (dei 10) sotto l’acqua che hanno cambiato il mio modo di vedere un viaggio in bici; per me i viaggi in bici sono sempre stati visti come esplorazioni, non troppi chilometri al giorno, tante foto, tanto sterrato e tante pause.
E allora che fare nel 2024? Ci riproviamo, e questa volta per davvero.
Rispetto al 2023, sono arrivato alla partenza un po’ teso, forse perché avevo un obiettivo (che forse non volevo ammettere): quest’anno, anche se ci dovessero volere 30 o 40 giorni, voglio arrivare lassù, voglio vedere le renne che camminano per strada, voglio vedere com’è il Capo del Mondo. Mi ripeto che la prenderò con calma, che farò tappe “tranquille” e alla mia portata.
E così non è stato perché dopo aver studiato la traccia (anche troppo), cercato posti dove poter dormire (in Svezia non si trova niente per decine di chilometri), cercato di capire copertoni, assetto bici, borse e roba da portare (si parte con 40 gradi e si potrebbe arrivare lassù con 5 gradi, pioggia e vento) e pedalato tanto da inizio anno…mi sono fatto prendere un po’ la mano e pian piano ho ridotto le tappe e allungato i chilometri fino ad arrivare a 17 tappe più una mattina per arrivare su.
Non solo, prenoto tutte le strutture, per non arrivare la sera stanco, magari sotto la pioggia, a dover cercare un alloggio: ero già fuori la zona di confort, quindi almeno sarei arrivato dove mi aspettava un letto.
In pratica i calcoli davano una media di 240 chilometri al giorno: alla fine lo scorso anno avevo fatto tre tappe da 250, 260 e 270 di fila…e, per po’ di tempo, sono stato contento della mia scelta…poi, ovviamente, a pochi giorni dalla partenza, sono arrivati i ripensamenti…continuavo a guardare quel foglio con le tappe dai nomi fantasiosi (Jonkoping, Hassela, Saariselka, Kraslice…) come se rileggendolo i chilometri diventassero meno e l’altimetria scendesse.
Mi dicevo, questa è troppo lunga, questa forse troppo dislivello, questa ha un traghetto (Germania-Danimarca) di mezzo e non ce la posso fare.
In tutti i mesi prepartenza mi confronto (e cerco conforto) con Franco Taddei (il barba dei Ghiaia Explorer) con cui nasce una amicizia e l’idea di provare a fare qualche tappa insieme. Un po’ prima della partenza mi invita a fare qualche tappa più lunga insieme, ma mi sembra di avere già esagerato e non mi faccio tentare, neanche alla cena della sera prima dove brindiamo ad una partenza che sembra abbia già il sapore dell’arrivo: come per dire…festeggiamo il fatto di provarci.
E il 20 luglio, teso e preoccupato delle scelte sulle tappe, alle ore 8.00 si parte da Rovereto…e la magia ha inizio: spariscono tutte le preoccupazioni, si inizia ad ammirare la strada, le montagne dell’Alto Adige e come per magia si svalica il Brennero (punto più alto della lunghissima traccia).
Non solo, la magia ha voluto che proprio poco prima del passo del Brennero, abbia conosciuto Stefano , altro partecipante all’evento con cui ci troviamo da subito: le chiacchiere fanno volare i chilometri e raggiungiamo Innsbruck dove avevo fissato la prima tappa.
Pernottiamo insieme e decidiamo di fare un pezzo il giorno successivo sempre insieme con la promessa di salutarci se il passo, o il modo di viaggiare, o qualunque “cosa” con fosse di gradimento all’altro: alla fine è un viaggio personale che ognuno, giustamente, deve affrontare con il suo modo.
E così non è stato: dopo i primi 234km, abbiamo messo sulle gambe, 276, 235, 262, 278 e ci troviamo come per magia, dopo 5 giorni, quasi in cima alla Germania dopo aver attraversato tutta l’Austria, aver visto Monaco e Berlino, un pezzetto di Repubblica Ceca e aver vissuto mille emozioni anche insieme a Franco con cui abbiamo condiviso un lungo pezzo (e un lavaggio bici post tratto gravel bagnato).
Ultimo pernotto tedesco con due belle birrone (si deve reintegrare dicono) e partenza ore 4.00 per la tappa con il famoso traghetto mal calcolato e con altri 281km arriviamo alle 22.30 in cima alla Danimarca increduli, felici, tornati bambini. L’emozione per aver fatto già più di 1.500 km e un terzo del dislivello complessivo ci fa alzare prima della sveglia con la voglia di prendere il secondo traghettino che ci porterà in Svezia.
Alle 6.30 la mattina festeggiamo l’arrivo in Svezia che si lascia ammirare in tutto il suo splendore: laghi, foreste, fiumi, natura a perdita d’occhio, pochi centri abitati e strade bellissime.
Tra l’altro abbiamo avuto una grande fortuna con il tempo (forse per fare media con l’anno precedente): solo un paio di giorni con qualche pioggerella che non bagna più di tanto.
La Svezia è anche il paese dove abbiamo pernottato in alcuni AirBB incredibili: una casetta sul lago, una baita su un fiume, una piccola casetta stile Heidi nel niente, una baita di legno del 1739 tenuta come alla fine dell’800 (pavimento a travi da cui si vedeva il prato sotto, senza acqua corrente e con utensili ancora in legno).
La Svezia è stata anche la nazione più “dura” da affrontare: il navigatore, spesso, ti indica che ci sarà un incrocio dopo un centinaio di chilometri dall’ultimo minuscolo centro abitato. Lunga, interminabile, con salite di 40 km allo 0,5% e discese di altrettanti km dove sei costretto a pedalare comunque per mancanza di pendenza e presenza di vento costante contrario.
Ma in due diventa tutto più semplice: ci si tira su a vicenda nei momenti di stanca, ci si tira sui pedali sfruttando la scia, si condividono le scelte, si fa la spesa insieme per la sera e si divide il carico di barrette, banane, datteri e tutto quello che devi portare per percorrere cento chilometri nel niente.
E anche il tempo bellissimo ci ha regalato scorci bellissimi, un bagno nel lago, tramonti bellissimi e albe altrettanto affascinanti.
Da casa mi chiedevano se avevo visto qualche renna, ma purtroppo neanche l’ombra. Erano in tutti i video e foto delle passate edizioni…ma ancora niente. Io, alla fine, volevo solo vedere le renne in tutto questo viaggio.
E così, fra uno scenario e l’altro (ma senza renne), dopo 1.800 chilometri, anche la Svezia ci abbandona per regalarci uno scenario fatto di una natura ancora più nuda e cruda dove i boschi lasciano il posto ai famosi muschi e licheni a cui la maestra delle elementari aveva cercato di farci appassionare (senza successo). I cartelli stradali lasciano il posto a quelli per le motoslitte, il cielo si fa sempre più blu e le giornate si allungano e la fisionomia degli abitanti cambia radicalmente dal biondo al lappone.
E, magia…dopo poco arrivano le sognate renne! Mi sarai potuto fermare lì, il mio traguardo era arrivato: le renne, decine di renne, centinaia di renne! La cosa incredibile è che non hanno paura delle macchine che sfrecciano loro accanto a 90km/h, ma hanno paura di noi inermi ciclisti.
Le renne! Credo che non scorderò mai l’immagine della prima renna che ho visto. Ero incredulo di essere arrivato fino in Finlandia con le mie gambe, ma soprattutto di aver visto le renne: la gioia ti pervade, è una sensazione incredibile.
Rovaniemi è l’ultimo avamposto “cittadino” e non potevamo non pernottarci (e riparare il cambio di Stefano il cui filo lo aveva tradito, per fortuna pochi chilometri prima): cenetta tipica in ristorantino locale e nanna presto come sempre.
Ci attendono gli ultimi 700 chilometri, i più belli, i più incredibili, i più “polari”: già perché poco dopo Rovaniemi inizia il circolo polare artico. La luce si fa ancora più intensa, il sole batte ancora più forte, il cielo è ancora più terso…e in men che non si dica arriviamo a Saariselka per dormire nelle Aurora Cabin, baite con il tetto trasparente per ammirare l’aurora boreale. L’aurora ovviamente non c’è in agosto, ma il cielo, che non diventa mai completamente buio, si fa ammirare da questo stupendo villaggio e la mancanza di nuvole ci fa addormentare con una nuova bellissima giornata che sarebbe iniziata dopo poco.
Intanto Franco è già arrivato e mi manda un messaggio con la voce quasi singhiozzante per la gioia: non riesco a trattenere le lacrime. Ho riascoltato quel messaggio decine di volte da quando sono tornato in Italia e ogni volta mi esce una lacrima.
Ancora un pernotto in una baita sul fiume e la mattina seguente, passiamo la frontiera della Norvegia e ci affacciamo sul fiordo di Porsangerfijorden che ci accompagna per gli ultimi 180 chilometri in una natura pazzesca.
Guardando verso sinistra, sembra di essere sulle Alpi o in Abruzzo fra le montagne brulle e rocciose, ma non appena si ruota la testa a destra, siamo sul mare: è uno scenario incredibile.
Un pernotto e 25 chilometri ci separano da Capo Nord: ormai siamo arrivati…”anche se succede qualcosa alle bici, andiamo su piedi” ci diciamo davanti alla baia di Skipsfijord mentre ammiriamo quel blu circondati dalle renne libere nel campeggio.
25 chilometri con le lacrime che non riescono ad annebbiare lo spettacolo che abbiamo davanti: un promontorio incredibile, un misto fra Alto Adige e Costa toscana mescolato magistralmente a altopiani tipo Nivolet e laghetti appenninici, colori che ti accecano, 27 gradi di temperatura e un cielo senza neanche una nuvola.
Non poteva essere più bello l’arrivo al famoso mappamondo.
Con Stefano ci abbracciamo increduli, felici, contenti, meravigliati, al settimo cielo…anzi in Capo al Mondo!